domenica 28 giugno 2020

Sembra Brutto

Quando ero ragazzina l'educazione dell'epoca consisteva in una serie infinita di divieti (non appoggiare i gomiti sul tavolo, non parlare con il boccone in bocca, non interrompere quando uno parla, non fischiare "perché é una cosa da carrettieri", non parlare a bassa voce, non chiamare nessuno dalla finestra, etc.) e di raccomandazioni (stai seduta composta, raddrizza le spalle, cammina dritta, chiedi il permesso per alzarti da tavola, bussa alla porta dei nonni prima di entrare da loro)... e tante altre.

Sono vissuta così, in questa grande casa, con mio fratello, i nostri genitori e i nonni materni, la bisnonna materna e la nonna paterna, più una signorina anziana che era venuta a vivere da noi dopo essere rimasta sola.
In effetti era la figlia di una maestra che aveva dato lezioni a casa a mia nonna, quando lei era giovane. 
Ritornando all'educazione, tutte queste limitazioni non mi pesavano più di tanto, perchè ripetute all'infinito da tutte queste persone di famiglia, facevano ormai parte del mio DNA.
Sono cresciuto con queste due maledette parole : "Sembra Brutto".
Tutto sembrava brutto.
Che io volessi rifiutarmi di entrare in salotto a salutare gli ospiti dell'uno o dell'altro dei miei parenti, che essendo stata invitata ad una festa dalla figlia odiosa di un'amica di mia madre volessi trovare una scusa per non andarci, che non volessi andare a una recita o un concerto di beneficenza...
"Sembra brutto".
E così ero costretta ad accompagnare mamma dalle sue amiche, e giocare con delle bambine insipide -probabilmente costrette a loro volta- perchè anche io ero stata invitata, e sembrava scortese non andarci.
Ho accompagnato mio padre con tanto affetto, con tanto amore, dappertutto.
La domenica, dopo la partita alla radio, uscivamo insieme, facendo chilometri a piedi.
Ed ero felice, ma questa passeggiata terminava puntualmente con una per me più che sgradevole visita, che papà faceva ad un vecchio, trasandatissimo marchese, che abitava a Viale Elena in una casa piena di cineserie e al quale era inspiegabilmente legato.
E anche papà mi diceva: "E' un uomo anziano, solo e malandato, se non vado a trovarlo... Sembra brutto!".
E dagli!
Ancora adesso, dopo tanti anni, memore di questo dannato insegnamento, mi faccio scrupolo di tante cose.
Ad esempio non sono mai riuscita a mandare a quel paese qualcuno, ad inveire quando era il caso (e ce ne sono state di occasioni!), a far tacere qualcuno alzando la voce...
Quanto mi ha condizionato quel "sembra brutto"...


sabato 13 giugno 2020

La piazzetta di Riva Fiorita

In corrispondenza con l'arrivo della seconda motobarca del mattino compariva sulla spiaggia il venditore di cocco. Poco avvenente, con i grandi occhi neri sporgenti dalle orbite, trascinava i piedi nella sabbia e passava tra gli ombrelloni con il suo secchio zincato nel quale erano risposti pezzi di cocco di varie misure.

"E' arrivato Coccobbello, cocco di mamma!" - diceva sorridendo - ed era così garbato che ti sentivi in dovere di acquistarne almeno un pezzo.
Verso le 12, dalla punta della scogliera, si vedeva spuntare una barca grigia sulla quale due pescatori remavano in piedi con un lungo remo ciascuno.
Erano fratelli, avevano i capelli bianchi e venivano da Mergellina.
Avevano un fare piuttosto arrogante, che niente aveva a che vedere con i nostri pescatori posillipini.
Approdavano appena sulla spiaggia e immediatamente la loro barca era presa d'assalto dai villeggianti e dai bambini.
Erano chiamati "i gioiellieri", perchè sì, è vero che portavano il  pesce ancora vivo, ma se lo facevano pagare profumatamente.
Riuscivano a vendere tutto dopo estenuanti trattative. In genere gli acquirenti erano le persone di città, che ritornavano a casa con le motobarche, mentre i locali comperavano il pesce da Luigi del Casale o da Umberto Cafarelli, per affezione e per una forma di rispetto, oltre al fatto che erano meno esosi.
I bambini, intanto, affacciati sulla barca, osservavano con curiosità i pesci vivi conservati nelle tinozze, e si accorgevano che nell'acqua sotto i paglioli giaceva sempre a pancia all'aria qualche pinterrè, qualche mazzone, qualche bavosa, e alcuni sconcigli che sarebbero serviti come esca nelle nasse che riposavano a prua ancora gocciolanti.

A parte lo stabilimento, Riva Fiorita era un grosso condominio, paragonabile ad un rione.
C'erano gruppi di tutte le età, si conviveva in armonia e la piazzetta sul mare era il luogo d'incontro.

Al mattino, una coppia aveva requisito un pezzetto della rotonda, ed esponeva la sua mercanzia.
La moglie era una signora in carne, ben piazzata, il marito, snello e in canottiera con i baffetti neri, portava una paglietta traforata. Vendevano zoccoletti laccati per bambine, infradito, e quei sandaletti superga in tela rossa o blu bordati con il cordoncino bianco e con le suole di gomme. (Penso che li avremo portati tutti!).
Inoltre vendevano secchielli, formine, palette e salvagenti gonfiabili.
E quest'emporio improvvisato era sempre affollatissimo.

Sempre su questa rotonda aveva accesso in un giorno stabilito della settimana un furgone che vendeva formaggi, salumi, sottoli vari (melanzane, carciofini, funghi) sottaceti etc.
Il venerdì arrivava invece il camioncino dell'Algida, di color beige, con su dipinti i quattro orsetti che reclamizzavano i gelati: Arangelo, Limongelo, Cappuccio (attuale Coppa del Nonno) e Ciocla.
Ogni orsetto era rappresentato mentre teneva in una zampa uno di questi gelati con lo stecco.
Si chiamavano gelati da passeggio.

Questo camion riforniva il bar di Riva Fiorita, e si alternava con quello rosso e giallo della Coca Cola (la cui riproduzione abbiamo avuto tutti, o abbiamo sognato di avere tra i nostri giocattoli) che trasportava le cassette scoperte e ordinate, tutte in fila, con il loro carico di bottigliette in vetro, che conservavano il liquido scuro.

La sera, in estate, quando i mariti ritornavano dal lavoro, dopo aver cenato, tutti scendevano dalle case per sedersi vicino al mare e prendere il fresco.
E allora la rotonda diventava come una piazzetta di paese dove si pettegolava bonariamente.
E quando le cicale finivano finalmente di frinire, iniziava nelle aiuole il delicato concerto dei grilli.
Napoli lontana brillava di luci, e quando c'era, anche la luna ci metteva il resto con la sua scia brillante sul mare.
E allora l'incanto e la pace erano completi.


Spiaggetta di Riva Fiorita - anni '70


Riva Fiorita - Archivio Gennaro Improta