lunedì 2 ottobre 2017

Il centro storico di Napoli negli anni '50

Ricordi di una città pulita, ordinata, di qualche rarissima automobile, di signore e signori con cappelli e guanti, di persone abbienti con abiti eleganti, e di altre più modeste ma vestite dignitosamente -come si diceva allora- nel rispetto per sè stesse e per gli altri.
Ricordi di quando si passeggiava per via Toledo, piazza Plebiscito, Santa Lucia, via dei Mille, via Chiaia.

Alle 12, da Castel Sant'Elmo, partiva un colpo di cannone.
Tutti guardavano il proprio orologio e controllavano l'ora; per molti era un segnale per affrettarsi.
Ricordi di giardinieri indaffarati, a curare e ad innaffiare i giardinetti del Molosiglio e quelli accanto al Palazzo Reale.
Nelle aiuole erano infisse delle piccole lastre di ferro, verdi, con la scritta argentata che recitava: "Cittadini, proteggete i vostri giardini". 
Ricordi di gente tranquilla, che sfilava per via Roma il giovedì santo "incignando" un abito nuovo, come voleva la tradizione dello struscio, ed entrava e usciva dalle chiese per partecipare al rito dei Sepolcri. Bisognava averne visitati almeno sette!

Di fronte al Teatro San Carlo, sotto i portici della galleria, c'erano gli "sciuscià" .
Alcuni anziani, altri giovani, con delle luccicanti e mastodontiche poltrone d'ottone che sembravano troni, sollecitavano i passanti a sedervisi per farsi lucidare le scarpe.
Spesso si incontrava il pazzariello, che era un imbonitore vestito in modo eccentrico, con la feluca, giacca con le code, e bastone da lui roteato abilmente.
Lo accompagnavano tre suonatori, che sottolineavano con il rullo dei tamburi e con un piffero le meraviglie che man man venivano elencate dal succitato personaggio, che in questo modo pubblicizzava l'apertura di una nuova bottega, che era in genere una salumeria.

C'era poi il pianino, una scatola da musica montata su un piccolo carretto, e azionata con la manovella.
Ne venivano fuori nenie lente e nostalgiche, e canzoni antiche napoletane.
Quasi sempre un padre lo suonava, mentre il suo bambinetto girava tra la folla con un piattino di alluminio ammaccato, nel quale tutti, nessuno escluso, lasciavano una moneta.

I fujenti , devoti della Madonna dell'Arco, chiamati così perchè avevano fatto il voto di raccogliere le offerte senza mai fermarsi, giravano per il centro storico con il gagliardetto con l'effigie della Madonna, seguiti da una banda raffazzonata di tromboni e tamburi.
Erano tutti scalzi, con camicia e pantaloni bianchi, una fusciacca rossa in vita e una fascia azzurra a tracolla.

Un altro personaggio intramontabile e in "servizio" fino a qualche tempo fa, era un uomo che ormai sarà più vicino ai 90 che agli 80 anni.
Trascinava i piedi tenendo le punte aperte, e la mano tesa a raccogliere l'elemosina.
Lo si incontrava dovunque: a Chiaia, al Museo, a Santa Brigida, a Via Toledo, alla Stazione, a Piazza Dante.
Diceva continuamente " 'o ppà , 'o ppà - 'a zzì, 'a zzò", e ti tallonava finchè non eri costretto a lasciargli il tuo obolo.

Fuori a ogni basso c'era una bancarella che vendeva bomboloni, liquirizia, e caramelle sfuse (e gli anticorpi hanno funzionato alla grande!).

Alle 14 in punto, ogni domenica, a Monte di Dio e poi all'Egiziaca, si poteva incontrare e ascoltare un signore... d'altri tempi.
Vestito con un vecchio paletot, con un enorme collo sciallato e bordato di pelliccia, la barba bianca lunga, e le ghette che gli ricoprivano le scarpe, declamava a memoria Dante, Ariosto, la Gerusalemme Liberata di Tasso,in cambio di un'offerta.
Si vedeva che era una persona colta, e si raccontava che fosse stato un insegnante di liceo, per cui era chiamato da tutti per rispetto "il Professore".

A Chiaia e San Ferdinando ai poteva incontrare un uomo allampanato che richiamava i passanti con un filo di voce lamentoso, sperando di vendere " 'e tunninole " (le telline), mentre un altro, con una grossa cesta, mostrava la ricotta di fuscella esposta su foglie di felce e adagiata su uno sfilatino al momento dell'acquisto.

C'era anche il venditore di cèveze, gelse more, bianche e nere, raccolte in due cestini differenti.
A Piazzetta Mondragone, proveniente dal Corso, passava ogni giorno un uomo in canottiera, avanti con gli anni: era un merciaio.
Vendeva spille da balia, aghi, elastici, bottoni, chiusure lampo... Teneva riposta la sua mercanzia in un cassetto aperto, diviso in scomparti, che teneva davanti a sè ed era trattenuto da una grossa striscia di tela che gli passava dietro al collo.
Doveva aver preso idea dalle sigarettaie del Moulin Rouge e del Salone Margherita...
Il suo slogan era : " 'e lacce p' 'e scarpe, 'e mmooolle p' 'e mmutande!!".
A Toledo gli strilloni vendevano i quotidiani, Il Mattino e Il Roma e alla sera il Corriere di Napoli.
A Santa Brigida e fuori alla Galleria, un gobbo, piccolino ed emaciato, col mento aguzzo, aveva trovato modo di sfruttare questa sua imperfezione fisica invitando all'acquisto dei biglietti della lotteria dopo aver permesso una beneaugurante carezza sulla gobba.

Sempre nei paraggi, un venditore di cornetti di corallo, che portava infilzati sul cappello a tuba e sul bavero della giacca, dondolava una latta forata ai lati, nella quale bruciava incenso contro il malocchio.

I venditori di semi di zucca, noccioline americane e ceci abbrustoliti -che a Napoli si chiamano 'o spasso- giravano con i loro carrettini, richiamando l'attenzione dei clienti girando a brevi intervalli la corda di un fischietto a vapore.

C'era poi una donna, chiamata da tutti "la polmonara", che scendeva a Via Roma dai Quartieri Spagnoli, dopo aver fatto il giro delle macellerie, ed essersi fatta conservare gli avanzi.
Dava da mangiare a tutti i gatti che incontrava sul suo cammino, e questi la seguivano a frotte richiamati dal rumore che faceva una forchetta da lei battuta sullo scatolone di latta colmo di frattaglie.

Si incontravano spesso, nelle strade del centro, degli zingari, che in una gabbia minima portavano un pappagallino che col becco sceglieva e porgeva un piccolissimo foglio di carta velina colorata ,sul quale erano stampati tre numeri da giocare al lotto e un oroscopo raffazzonato: si chiamava "il Biglietto della Fortuna".

Il due Giugno, in concomitanza con la parata militare a Roma, anche a Napoli sfilavano le nostre forze armate. Tutti schierati a Via Caracciolo: celerini, marinai, carabinieri, allievi della Nunziatella, aviatori etc, dopo i vari saluti alla bandiera e all'autorità, arrivavano marciando fino a Via Partenope, passando tra due ali di folla.
I bambini, accompagnati dalle famiglie, sventolavano festosi le bandierine tricolori di carta e imparavano a rispettare le istituzioni -quando c'erano- .
A Natale, sollecitata dalle varie parrocchie, c'era la visita ai poveri del rione.
Tutti offrivano qualcosa.
In un palazzo storico, una famiglia che conoscevamo, ogni anno alla vigilia, organizzava una grande festa per i meno fortunati. Almeno una volta l'anno questi poveretti cenavano a tavola, serviti e riveriti, e andavano via ognuno con il suo regalo, ringraziando, benedicendo e aspettando con ansia di ripetere quest'esperienza l'anno successivo.

Poi, sempre a Natale, arrivava il circo.
Ogni anno ce n'era uno diverso. Non c'erano tende da montare perchè tutti i "numeri" si svolgevano al teatro Politeama, che veniva adattato all'uopo, spostando le poltrone per costruire una pista centrale.
Si vedevano cammelli e zebre a Via Toledo, accompagnati da pagliacci che distibuivano volantini che invitavano a recarsi allo spettacolo.
I lama e  le caprette venivano portati a brucare sulla collina del Monte Echia, a Pizzofalcone, " 'ncopp' 'e mmuntagnelle" .
Ricordo la nostra grande gioia nel periodo natalizio -dato che in inverno abitavamo proprio lì- nel vederle passare quotidianamente sotto casa insieme al personale del circo.

Venditore di ricotta di fuscella - foto da Internet

"Spesso si incontrava il pazzariello, che era un imbonitore vestito in modo eccentrico, con la feluca, giacca con le code, e bastone da lui roteato abilmente" - foto da internet

Sciuscià (1946) - foto di Federico Patellani

Venditore di ricotta di fuscella - foto da internet


Via Caracciolo in una foto degli anni '50