domenica 25 dicembre 2016

Riaffiorano i ricordi...

La mattina presto, preceduto dal rumore di un clacson rauco che ascoltavamo mentre affrontava le varie curve del viale, scendeva giù alla villa il campioncino rosso del panettiere Moccia che veniva da piazza San Luigi, dove adesso c'è l'Elettroforno
Si fermava sotto al ponte che collega l'ingresso superiore della palazzina con la rampa sottostante e, circondato da mamme e bambini, apriva i due battenti del portellone posteriore, lasciando intravvedere pane, brioche, taralli e biscotti ancora caldi e profumatissimi.
Mamma comperava il pane marsigliese per papà, dei panini all'olio per noi e se eravamo stati buoni delle brioscine fatte a treccia con l'uva passa e lo zucchero bruciacchiato in superficie. 
Sarà stata la fame, ma noi bambini di allora, quando ci siamo rivisti le abbiamo ricordate ancora!

Poco dopo sopraggiungeva un'ape che portava delle barre di ghiaccio avvolte nella juta. 
Veniva sempre da San Luigi, appunto dalla fabbrica di ghiaccio. Questo veniva venduto a peso, rompendolo con un punteruolo. 
Lo compravamo tutti perchè serviva per tenere i cibi in fresco nelle ghiacciaie (antesignane dei frigoriferi) .
Noi lo spezzettavamo ancora, a casa, per raffreddare a tavola l'acqua nelle brocche.
Quest'ape spariva, poi, lasciando una lunga scia di acqua che vedevamo gocciolare tra le ruote.

Il martedì compariva Carminiello.
Personaggio di età indefinita, dai capelli a spazzola, una barba incolta e brizzolata.
Vendeva le uova che portava in un grosso paniere e che conservava nella paglia. Sulle spalle "indossava" dei serti di aglio, dei rami secchi di origano e rosmarino. 
Aveva addosso, nonostante l'origano e il rosmarino, uno sgradevole odore di pollaio e per questo tutti pensavano che dormisse con le sue galline.
Era un brav'uomo, ma questa sua peculiarità affrettava la compravendita.

Angelina, invece, veniva da Agerola, due volte alla settimana, accompagnata in macchina dal figlio che parlava poco -sopraffatto dalla madre- e che aveva il solo compito di chauffeur.
Vendeva un fiordilatte strepitoso, buonissimo! 
Era una donna svelta, rapidissima a fare i conti, furba e pettegola. Penso che andasse in tutte le ville, perchè tra le nostre conoscenze era nota a tutti.
Portava imbasciate tra una casa e l'altra, sapeva tutto di tutti e se le veniva dato spago raccontava pettegolezzi inediti.

Da mare, invece, salivano Luigi il pescatore del Casale e Umberto, che era l'ultimo fratello dei Cafarelli
Quasi tutti i giorni, o l'uno, o l'altro o tutti e due, venivano a vendere il pesce su alla villa.
Luigi in genere vendeva i polipi: li catturava con le mummarelle e li trasportava in un secchio con l'acqua di mare. 
Noi bambini ci giocavamo tirandoli fuori e lasciando che si appiccicassero alle nostre braccia con i tentacoli e le ventose. 
Poi, alle povere bestie prescelte, toccava il morso in testa e noi bambini assistevamo incuriositi e impotenti a questo che ci sembrava un rito.

Umberto, detto anche Pelle 'e Cane (non ho mai saputo perchè) , bell'uomo, alto dritto, saliva le scale seguito dai due figli, Peppino , magro e slanciato -che purtroppo morì giovane- e Rosario, piccolo e dolcissimo. 
Peppino e il padre portavano in testa un tino rotondo ciascuno, Rosario seguiva portando la bilancia di ottone su una spalla.
Mentre saliva, Umberto gridava forte : 
"Alici, Alici!" -e poi anche- " 'O pesce, 'o pesce!" e a questo richiamo spuntavano i gatti da tutte le direzioni.

A proposito di gatti...
A Giuseppone c'era una gatta simpaticissima, socievole, coccolona, con una faccina splendida.
Apparteneva a Stratuccio, ed era la mascotte dei pescatori. Appena questi attraccavano, era la prima a presentarsi, perchè sapeva che avrebbe ricevuto qualche pesciolino.
E quando tutti i canotti erano stati sistemati per la notte da Stratuccio, e fissati in fila lateralmente con le cime passate negli scalmi, la gatta, che con gran pazienza aveva aspettato la risacca, con garbo allungava la zampetta e riusciva a tirare a sè il breve capo di corda fissato nell'anello della banchina, saltava sul primo canotto e poi su quelli successivi. 
Nell'acqua sotto i paglioli trovava sempre qualche marvizzo o qualche mazzone.
Con lo stesso sistema tornava a riva.




giovedì 8 dicembre 2016

Il Natale napoletano negli anni '50

Era sentito, il Natale.
Era una festa che riavvicinava le famiglie, che faceva superare i malintesi, che faceva chiarire le incomprensioni (semmai ce ne fossero state), e riavvicinava alla religione quelli che durante tutto l'anno si erano mostrati disinteressati o indifferenti.
Eravamo davvero tutti più buoni!
Era la festa dei bambini ma anche dei poveri, che sempre, ma ancora di più in questa circostanza, erano guardati da parte di tutti con occhi commiserevoli ed aiutati con generi alimentari e con indumenti pesanti a superare l'inverno.
Il consumismo era una parola ignota.
C'erano invece l'affetto, la partecipazione; c'era il coro della chiesa alla messa di mezzanotte, c'era il suono delle campane, lo scambio sincero di auguri con tutti.
Si inviavano biglietti benaugurali ad amici e conoscenti; si sceglievano i più adatti a ciascuno e si imbucavano per tempo, affinchè arrivassero prima del giorno di Natale, e ugualmente si aspettava di riceverne.

A Santa Brigida c'era il mercato del pesce. 
Tutta la strada era occupata da vasche ripiene di tutti i pesci del golfo che sarebbero serviti per il pranzo e il cenone, e che venivano decantati dai pescatori.
Era uno spettacolo. Anche le persone che non comperavano andavano a vedere.

I padri di una volta, che si dedicavano già da tempo alla costruzione del presepe, trafficavano alacremente la sera dopo il lavoro con sughero, cartoni, colla e stelline dorate, circondati dai piccoli di casa incuriositi.
I pastori e le pecorelle venivano posizionati dai bambini più grandi; la Madonna e San Giuseppe, con il bue e l'asinello, erano soli nella stalla, perchè Gesù non era ancora nato e sarebbe toccato al più piccolo della famiglia riporlo nella mangiatoia.
Anche i Magi arrivavano in un secondo momento, perchè erano ancora in viaggio.
Le parrocchie, a loro volta, allestivano il presepe, e le famiglie portavano i figli a visitarli e a decidere quale fosse il più bello.

Le strade odoravano di caldarroste che, vendute bollenti nei piccoli cuoppi dai tanti improvvisati fuochisti di fornacelle, venivano poi messe nelle tasche per riscaldare le mani.

Durante la novena si incontravano un po' dovunque gli zampognari. In genere erano pastori vestiti con giubbotti di pecora, che venivano dalle montagne di Avellino o dall'Abruzzo nelle feste di Natale, per arrotondare le loro entrate. 
Suonavano nelle strade, e quella nenia malinconica che producevano la zampogna e la ciaramella ricordavano che all'atmosfera di festa bisognava aggiungere il raccoglimento.
Li si invitava a salire nelle case e a suonare davanti al proprio presepe, in cambio di un'offerta e di un bicchiere di vino (e a fine giornata l'alcool aveva fatto il suo effetto!).

Si andavano a dare gli auguri, facendo visita ad amici e conoscenti e scambiandosi pungitopo e vischio. Questo vischio molto bello e decorativo che, dopo qualche giorno. lasciava cadere le sue palline appiccicose!
Era anche l'occasione di "disobbligarsi" con un medico, un avvocato, un qualcuno che ci aveva in qualche modo favorito. Come dimostrazione di gratitudine si inviavano bottiglie di vino o di liquore approfittando delle festività natalizie.

Le madri, nel tempo precedente il Natale, erano andate con i mariti a scegliere l'albero. Lo avevano fatto arrivare a casa, avevano tirato fuori gli scatoloni riposti un anno prima e ripieni di palline di vetro colorate, nastri, fili d'argento, candeline e s'erano date un gran da fare ad addobbarlo al meglio.
Era una tacita gara che si svolgeva nel palazzo e tra le amicizie :
-"Hai fatto l'albero?
- "Vuoi vedere l'albero?"

Il giorno di Natale a pranzo, puntualmente, sotto il piatto del padre che fingeva di scoprirle per caso, c'erano una o più letterine. 
Il figlio o i figli, su questi foglietti comperati in cartoleria e decorati con la Natività o con un angelo, una cometa e tanta polverina d'argento, avevano scritto i soliti buoni propositi che venivano riproposti ogni anno:
-"...Vi prometto che sarò più buono.... che studierò di più... e che vi darò tante soddisfazioni!"

In genere il padre leggeva queste lettere ad alta voce, e i figli arrossivano, e ancora di più arrossivano quando dovevano recitare la tradizionale poesia.

A Napoli nelle feste di Natale nessuno rimaneva solo. 
Se in un palazzo viveva una persona singola, veniva invitata a festeggiare "in famiglia" anche se ci si conosceva soltanto di vista. E anche i poveri avevano la loro tavola apparecchiata nelle parrocchie , e dopo la cena e la messa andavano via trionfanti, abbracciando il panettone ricevuto il regalo.
Nelle case si giocava a tombola o al mercante in fiera, imbrogliando per fare vincere i più piccini.
Poi c'era lo scambio dei doni in famiglia. 
Le pretese dei bambini erano minime: degli album da colorare, dei pastelli, qualche libro, i soldatini per i maschi, una bambolina per le femmine. Per quelli più grandi il meccano e l'arte del traforo, per le bambine un passeggino e le pentoline per la cucinella.

I grandi invece si scambiavano cose utili: sciarpette, pantofole, astucci per gli occhiali, cinture.

Esisteva poi un'altra consuetudine, che i più giovani stenteranno a credere: la befana del Vigile.
I vigili allora non erano considerati come oggi dei nemici, e i pochi  automobilisti di allora rispettavano il loro ruolo riconoscendone l'autorità. 
A loro volta questi si prestavano a dare informazioni, a vigilare sull'ordine pubblico, a farsi portavoce delle richieste per rendere la città più vivibile, e per questo ricevevano molti doni. 
Li ricordo con i cappotti neri, il casco, i guanti bianchi, il fischietto, in piedi su quei piedistalli che sembravano mezzi tini capovolti, circondati da torroni, panettoni, salumi, scatolame, bottiglie. 

In quei tempi andati che la memoria si ostina a ricordare e a riproporre esisteva innanzitutto la Famiglia, e mi stupisce pensare al declino rapidissimo che ha subito l'armonia che regnava allora, quando il poco che si aveva sembrava già superfluo, e ci si accontentava e si sorrideva alla vita.

Buon Natale a Tutti!



La Befana del Vigile - foto di Renato Minopoli



Il mercato del pesce a Santa Brigida (foto da internet)

Gli zampognari (Archivio Fotografico Parisio)