sabato 30 aprile 2022

La scorciatoia in campagna

Penso che a Napoli non siano in tantissimi a conoscere il viale Calascione, che invece negli anni '50 era molto frequentato dagli abitanti di Monte di Dio e dell'Egiziaca a Pizzofalcone, perché collegava rapidamente la collina di Monte Echia con la sottostante piazza dei Martiri e quindi Piazza Vittoria e il lungomare. 

Si chiama "viale", ma in effetti del viale non ha nulla. E' una strada cieca, alla quale si accede passando sotto un accenno di galleria che collega tra loro due palazzi. Si trova a una cinquantina di metri dal teatro Politeama. 

La particolarità di questo viale consisteva in una scalinata che inaspettatamente trovavi alla fine della strada, a sinistra, e che era protetta da un cancello. Varcato il cancello, sulla destra apparivano la collina di Posillipo e il mare; di fronte c'erano le aule e le camerate della Nunziatella, mentre lateralmente, scendendo, si ammirava la terrazza di Villa Wenner (unico palazzo di Monte di Dio con giardino), che posa su grandi grotte di tufo chiamate Platamonie, presenti fino al Chiatamone, che da esse prende il nome. Alcune sono murate e rinforzate con pilastri per sostenere i palazzi della collina di Monte Echia. La leggenda vuole che all'interno di una di esse ci si dedicasse al culto del dio Mitra.

Questa discesa che -portava a Cappella Vecchia- era chiamata Rampe Caprioli. Terminate due rampe di scale, c'era un banchetto dietro al quale una donna scarmigliata e senza sorriso riscuoteva con sgarbo la tariffa per il passaggio. 

Si pagava una lira (sì, una lira!) che fu successivamente portata a due. 

Questa megera era la moglie di un contadino che lavorava la terra sottostante, accanto alla quale iniziava un percorso in discesa a zig-zag, passando tra alberi, prati incolti, cespugli di rosmarino, margheritine spontanee e tanti trifogli. Era una breve ma bella scampagnata in città.

La donna, che accoglieva i passanti sempre con malagrazia, aveva ingegnosamente compilato dei pezzetti di carta con uno sgorbio che certificava l'importo già pagato per il prossimo passaggio, per quando non aveva il resto di due o di cinque lire.

Due bambini piccoli e coperti di stracci razzolavano nell'erba e nel terreno, mentre un altro, il fratellino più grande che aiutava il padre nel campo, facevano anch'essi parte della famiglia. 
La mia scuola aveva una terrazza che affacciava su questa campagna, e spesso nell'intervallo della ricreazione giocavamo lì a palla. 
Una volta la palla cadde nel campo e una suora, sorvegliandomi dall'alto, mi permise di andare giù a riprenderla.

Ricordo come fosse adesso che era una palla di gomma coloratissima. Era caduta sotto una pianta di broccoli di Natale, e il ragazzo più grande, convinto che io non l'avessi vista, già pensava di appropriarsene. La suora e tutte le mie compagne, affacciate alla ringhiera aspettavano, ed io, facendo l'occhiolino al ragazzino, comunicai in alto che il pallone l'avevamo trovato, ma che si era bucato nella caduta. Ricordo ancora lo sguardo di gratitudine che mi accompagnò fino al banchetto della madre esattrice.

Da quel giorno, ogni volta che dovevo passare dalla bellissima "scorciatoia", quando la madre non c'era a riscuotere il pedaggio, mi faceva passare e mi faceva l'occhiolino, o mi regalava qualche bigliettino firmato che valeva da lasciapassare. 

Purtroppo oggi buona parte di questi terreni è stata edificata e soltanto i residenti hanno la possibilità di usufruire di questa che è ormai una scorciatoia privata e che invece un tempo era un delizioso intermezzo bucolico in piena città.

View of a Villa, Pizzofalcone, Naples
Lancelot-Théodore comte de Turpin de Crissé, c. 1819