martedì 6 settembre 2016

Il Presidente... e la moglie di Ascione

Carlo Adamo, che ringrazio, mi ha ricordato un episodio esilarante che si svolse a Riva Fiorita.
Certo, non conoscendo il soggetto, il raccontino perde molto, ma comunque vale la pena ricordarlo.

Giuseppe Saragat fu Presidente della Repubblica dal 1964 al 1971.
Era soprannominato "Barbera" per la sua eccessiva propensione al bere. Molte erano le storielle che avevano a che fare con questa sua debolezza. Si diceva che al Quirinale la mattina presenziasse all' "Alzabarbera" e che, interpellato all'estero sui colori del nostro tricolore, rispondesse che erano "Bianco, Rosso e... Verdicchio".
Come tutti i presidenti della nostra repubblica, aveva diritto di trascorrere dei giorni di vacanza nella splendida Villa Rosebery, e più volte ne approfittò.
Durante il suo settennato, forse nel 1970, manifestò la curiosità di vedere dove conducesse la strada che per lui terminava col grande cancello della villa; volle percorrerla tutta forse anche per vedere il mare da vicino.
Accompagnato da una scorta di vigili che fungevano da guardie del corpo, arrivo giù a Giuseppone; si soffermò a guardare il panorama e si inoltrò tra i due pilastri dell'ingresso di Riva Fiorita.
Arrivò alla piazzetta, ma improvvisamente comparve vociando la moglie dell'allora portiere di Villa Marino.
Il compito della signora Ascione era quello di non permettere a nessun estraneo di mettere piede all'interno della proprietà. Bisogna dire che assolveva al suo compito con grande diligenza. Era una donna bassa e robusta, vestita di nero con un grembiule sul davanti, con i capelli e gli occhi grigi, senza l'ombra di un sorriso, con un piglio autoritario e uno sguardo duro che incuteva soggezione. In genere brandiva un matterello col quale minacciava i ragazzini che giocavano al pallone tra le macchine e che strappavano i fiori. Arrivò alle spalle del Presidente, e battendo le mani con le braccia tese avanti a sé tuonò:
 "Giuvinò, ascite 'a parte 'e fore! Jatevenne! Ccà nun putite sta' !".

Il giovanotto (che era Saragat), forte della sua autorità ignorò questo invito mentre i vigili tentavano di spiegare che quel signore era il Presidente della Repubblica.
" Allora nun avìte capito. Ve n'avìte ascì! Je nun guardo 'nfaccia a nisciuno. Nun tengo niente a vedè co' vvuje. Jatevenne!" .
Intervenne poi il marito, al quale i vigili spiegarono che il presidente aveva espresso il desiderio di conoscere dove portasse quella strada. Finalmente, guardati in cagnesco dalla signora Ascione, che, integerrima nella sua funzione, li tallonò fino all'uscita, si allontanarono tra le risate soffocate di quanti avevano assistito alla scena.






Un burbero... Dolcissimo (un altro racconto su 'Zi Rafele)

Giovanni Caputo e Gennaro Improta (autore della bella foto che accompagna questo racconto), in tempi diversi mi hanno chiesto affettuosamente di scrivere ancora qualcosa su Zì Rafèle.
Lo faccio con piacere perchè gli abbiamo voluto bene in tanti e perchè le persone semplici e buone non vanno dimenticate.


Per l'anagrafe era Raffaele Cammarota, vedovo; ma per tutti noi era 'Zi Rafele.

Aveva un figlio ricoverato per problemi di salute e una figlia sposata che di tanto in tanto andava a trovarlo.
Lui, aspettava con eccitazione questo momento, ma puntualmente questo incontro tanto atteso, terminava con una gran litigata.
Aveva anche un fratello più giovane, tranquillo e ben vestito, che gli rimproverava il suo vivere eccessivamente spartano e che ogni tanto gli faceva visita.

Quando l'ho conosciuto abitava di fronte all'istituto Denza; solo successivamente si trasferì in una stanza a villa De Mellis, alla fine della discesa di Giuseppone, dove viveva da solo.
In questa stanza possedeva un letto e un cassettone. 
Nel primo tiretto di questo, c'era una coppetta di ceramica nella quale riponeva i soldi racimolati affittando i "canotti" o facendo piccole riparazioni alle barche che gli venivano date in custodia.
La porta della stanza rimaneva sempre aperta.
I ragazzini della villa lo sapevano, e spesso prelevavano piccolissime somme dalla coppa.
'Zi Rafele era al corrente di questi furtarelli; prima si arrabbiava, poi invitava i ladruncoli a non prendere più di quanto potesse costare un gelato per ognuno di loro.
Nel secondo tiretto viveva invece un... gatto.
Il gatto di 'Zi Rafele era uno spirito libero. Trovando la porta sempre aperta, andava, veniva, si riposava in quel tiretto che considerava la sua cuccia e nel quale trovava sempre le lische e gli avanzi del pesce che il suo padrone gli conservava in una carta da pane.
Anche 'Zi Rafele mangiava in una carta da pane.
Ogni lunedì sera si recava a casa di Salvatore il bagnino, che abitava a un passo da lui, per vedere il film americano che veniva trasmesso dalla TV ogni settimana.
Diceva alla signora Brigida, moglie di Salvatore -e da lui sempre chiamata Maria, non si sa perchè - "Stasera vengo a vedè 'o ginnema fatigato" .
Forse voleva dire impegnato, quindi girato con fatica.
Fatto certo è che gli piacevano i film tipo Casablanca, San Francisco, Gilda, Via col vento, e come attori Spencer Tracy, Cary Grant, James Stewart, Jane Russel, Liz Taylor, Rita Hayworth e tutti quelli di quell'epoca.
A volte era invitato a cena, altre volte si portava da casa il pesce fritto e lo mangiava nella carta usata a mo' di piatto. Oppure portava con sè pane, mortadella e una bottiglia di birra, che erano comunque il suo pasto abituale.
Poi tornava a casa, in questa stanza impregnata di odore di alcool, di fritto e di fumo, beveva un paio di bicchieri di vino e dormiva come un sasso.

Aveva un amico, che si chiamava anche lui Raffaele. Questi era un uomo imponente che aveva un laboratorio-deposito alla fine di via Santo Strato.
Lì aggiustava vecchie radio, telefoni, e piccoli elettrodomentici.
Spesso scendeva a Riva Fiorita cavalcando una grossa moto, portando sempre il giornale L'unità sotto il braccio ma bene in vista.
Gli piaceva erudire 'Zi Rafele sul comunismo e i suoi benefici effetti sui lavoratori, al punto che Mao-Tse-Tung (da lui ribattezzato Mautumm) era divenuto il suo idolo.

C'era poi una signora, una certa Cherìe, appassita dagli anni che tenacemente cercava di nascondere sotto un trucco pesante, ma vistosa e ancora con qualche attrattiva.
Abitava anche lai a Villa Marino, e intratteneva piacevolmente sia 'Zi Rafele che 'Zi Gennaro (da tutti chiamato "gentiluomo"), il quale si occupava di giardinaggio e coltivava a suo uso e consumo un orto che aveva ricavato da un pezzo di terra che divideva due rampe della discesa di Giuseppone.

Ogni volta che 'Zi Rafele o 'Zi Gennaro andavano a trovare la signora, i ragazzini della villa, nascosti dietro la sua porta, chiamavano a gran voce ora l'uno, ora l'altra, sghignazzando e pronti a scappare.
Questo accadeva puntualmente, con grandi insolenze di Cherìe, che in queste occasioni perdeva tutto il suo aplomb, finchè un giorno non ne potè più.
Uscì di casa come una furia, armata di un paio di forbici, raggiunse uno dei ragazzini e lo colpì con forza ad una coscia.
Il ragazzo fu portato al pronto soccorso, e se la cavò con diversi punti di sutura; ma contrariamente a quanto sarebbe accaduto oggi, suo padre non soltanto non denunciò l'accaduto, ma penso che gli abbia affibbiato due sonori schiaffoni.

'Zi Rafele era tormentato da un catarro bronchiale cronico, alimentato dalle Nazionali Esportazione che fumava, e dal vivere scalzo, spesso anche in inverno. Lo si vedeva con i bermuda cachi tenuti su con la cinta di cuoio, e talmente impregnati di salsedine da essere diventati rigidi, con l'ombrello in mano e senza scarpe.

Lo ricordo quando riprendeva i ragazzi e diceva :
"Figlio 'e Gargiulo, ce 'o ddico a ppatito!" - "Figlio 'e Valente, scinne a llà 'ncoppa !" , perchè non potendo ricordare i nomi di tutti, li identificava per famiglia; ma dopo le minacce in cambio di una birra insegnava loro a fare i nodi di marinaio.


Grande 'Zi Rafele!
Incazzoso e buonissimo.
Cadde per le scale mentre si recava da Cherìe e si ruppe il femore.
Fu portato al Fatebenefratelli, fu messo in trazione, ma morì per una sopraggiunta polmonite.
Non ricordo bene: doveva avere tra gli 83 e gli 85 anni.
'Zi Rafele in una foto degli anni '60, dall'archivio privato di Gennaro Improta, che ringraziamo