venerdì 26 ottobre 2018

Il Palazzo Rosso

Appena varcato il cancello -tenuto su da due pilastri su uno dei quali è scritto "Villa" e sull'altro "Marino"- ci si inoltra verso quello che era il magnifico stabilimento di Riva Fiorita, ora purtroppo abbandonato e fatiscente.
Appena entrati, sulla sinistra, un palazzo di mattoni rossi con due torri merlate simula un castelletto sul mare. Lo stile eclettico del palazzo comprende degli oblò sulle torrette che limitano il terrazzo di copertura, mentre al secondo piano una veranda con finestre a sei archi corrisponde al salone dell'appartamento nel quale abitava il commendatore Marino.
Era questa una stanza molto vasta, logicamente panoramicissima, con un pavimento spettacolare di cotto antico molto chiaro, sul quale spiccavano dei disegni di una maiolica azzurra delicatissima, con scene di pescatori, di scogli, e di di barche.

Di fronte a questo "palazzo rosso" una gittata di cemento aveva creato una spianata che si raggiungeva salendo dei gradini.
In effetti, erano stati ricoperti dei grossi scogli neri le cui sommità, in alcuni punti ancora spuntavano dalla piattaforma.
Verso il mare quattro scalini piccolissimi portavano a una spiaggetta altrettanto minuscola, dove al massimo potevano starci due persone sedute, e forse tre in piedi.
Date anche le dimensioni ridotte,  era una spiaggetta molto esclusiva, frequentata spesso dalla bella e cara signora Fabris, dalla signora Totò Avéta, che scendeva con giacca smanicata e turbante relativo di spugna bianca o gialla, che faceva risaltare la sua abbronzatura scura, color monaca di mare,
da Vera Nandi, attrice e caratterista di film napoletani, e poi da Luisa Conte, che portava con sé il cagnolino ammaestrato che recitava nella compagnia.

Non era stata ancora costruita quella "litoranea" sopraelevata che ha coperto e fatto scomparire la spiaggetta, mettendo fine ai continui allagamenti della strada che tanto ci piacevano.
Durante le mareggiate, in inverno. il mare grosso infatti si infrangeva contro la bassa piattaforma; le onde la scavalcavano e allagavano la strada fino a sotto il palazzo rosso.
Il mare defluiva poi lentamente attraverso le feritoie che erano state lasciate tra gli scogli, mentre altre ondate sopraggiungevano. Anche se si passava a piedi scalzi si rischiava di essere presi in pieno da una bordata d'acqua.
Il palazzo rosso sul mare, con quella sua loggetta con gli archi, con un po' di immaginazione ci faceva sentire come i veneziani con l'acqua alta.
Successivamente, quando il mare si calmava, sulla strada si trovavano alghe verdi, qualche foglia di poseidonia, un po' di sabbia qua e là, che permetteva finalmente un guado, e spesso anche piccoli mazzoni e bavose che ci affrettavamo a rigettare in mare.
A volte anche qualche granchio spiritecchio, che spaventatissimo correva di traverso, alla ricerca di una via di fuga, dopo l'avventura che questa mareggiata gli aveva fatto vivere.

 Dedicato a Loretana e Giovannella, Annamaria Esposito, Lello e Roberto.

Mareggiata a Giuseppone a Mare - Archivio Istituto Luce