domenica 10 giugno 2018

Don Liborio, il cane e Nerone

Come tanti altri personaggi di questi miei piccoli ricordi, anche Don Liborio era un pescatore.
Scendeva dal Casale con il suo fido cane, e prendeva il pesce, non per venderlo ma per la sua sopravvivenza.
Il cane era per lui come un figlio: lo seguiva dappertutto, capiva tutto, non gli era mai d'intralcio.
Quando tornavano da mare prendevano l'ultimo sole sul muretto di Giuseppone, prima di affrontare la salita che li avrebbe portati a casa. 
Il cane gli si appoggiava addosso, e don Liborio, con garbo, gli diceva : "Togliti, ca me liéve 'o sole" , e immediatamente, a malincuore, questo si spostava e cambiava posizione.
Una volta ci fu una signora, che abitava a Giuseppone, che prima di ritirarsi aveva appoggiato a terra due grandi buste con la spesa della settimana, e si era soffermata a parlare con dei conoscenti.
La tentazione per il cane fu fatale!
Da questi contenitori, secondo lui abbandonati, venivano fuori odori di mortadella, salumi, formaggi, carne. 
Fu un attimo.
Tutte le provviste vennero fatte fuori. 
La signora, furibonda, cominciò a inveire.
Don Liborio, un po' mortificato, offrì il pesce che aveva pescato come risarcimento (di più non aveva).
Se ne sentì di tutti i colori, ma perse le staffe quando il suo cane fu insolentito e gli fu augurato il male.
E allora, preso coraggio, rispose alla signora : "Signò, si vuje tenisseve 'e cerevella 'e 'stu cane, stésseve all'università!" . 
E su questa frase, diventata da quel giorno storica a Giuseppone, la questione giocoforza si concluse.

il Villaggio

Quando le case erano rade, e collegate da un sentiero impervio che si interrompeva più volte, Posillipo era e fu chiamata Villaggio (come recitava una vecchissima targa presente a Sermoneta).
Con la creazione della strada voluta da Gioacchino Murat e completata nel 1814, man mano il villaggio divenne un quartiere campagnolo e marinaresco.
Alle rustiche masserie si affiancarono quindi nel tempo ville imponenti, palazzotti signorili e successivamente qualche villino liberty, specie nei rioni Carelli, Spinelli e al Casale, in un tripudio di verde e mare e natura prorompente.
I pini, le palme, gli alberi pregiati delle ville, si alternarono alle campagne ricche di agavi, fichi d'india, ulivi, aranci e viti. Sulla costa tante grotte, anfratti, spiaggette, erano intervallate da lunghi scogli di tufo piatti, le chiane, ricoperti da alghe verdi, cozze e uva di mare.
E in questo luogo paradisiaco hanno vissuto fino agli anni '70 i posillipini veraci: gente semplice, affabile, accomodante, rispettosa, incline al sorriso.

La città in linea d'aria era vicinissima, ma lontanissima dal modo di vivere di questi indigeni, che godevano appieno del mare, del vento, dell'esaltante visione del golfo in burrasca, delle cime degli alberi che ondeggiavano sotto la strada.
In qualsiasi periodo dell'anno, nei momenti liberi, c'era sempre chi andava a pescare.
I più giovani attraversavano la strada con una maglietta sul costume o con la muta, gli anziani, più pazienti, sedevano sugli scogli armati di canna da pesca e... aspettavano.

Il ritmo della vita era lento; la natura meravigliosa contribuiva a rasserenare gli animi con l'offerta della sua visione felice.
Non esistevano barriere sociali; si era tutti amici fraterni, senza nessuna differenza di classe.
I posillipini (di allora) erano tutte persone perbene, rispettose di regole non scritte : convivevano senza prevaricazioni condividendo l'incanto di questo estremo lembo del golfo che possedeva caratteristiche così diverse dal resto della città.
L'infanzia e la prima giovinezza dei ragazzi di Posillipo è stata felice e spensierata.
Si può senz'altro dire che sono stati anni vissuti senza sprecare nulla.
Il Rione Carelli e Piazza San Luigi, in particolare, erano una fucina di atleti.
Tantissimi praticavano il canottaggio e altrettanti erano i velisti. Ma c'erano anche i nuotatori, i pallanuotisti, i pescatori subacquei, che incanalavano nello sport le loro energie in eccesso e la loro gioia di vivere.
Tutti ragazzi sereni, semplici, sani e tanto diversi dai loro coetanei cittadini.
Poi, con la morte nel cuore, chi per lavoro, chi perchè si è sposato, chi per necessità, essendo lievitati i prezzi delle case in affitto, i posillipini - tranne pochi superstiti - hanno dovuto allontanarsi un po' tutti cedendo il posto ai "nuovi arrivati", che non sembrano apprezzare appieno la fortuna di vivere in un posto così particolare.

Posillipo ci ha dato tanto, ma ci ha tolto la possibilità di essere felici altrove.

Immagine da galleriefotocrafiche.com

Il Casale di Posillipo in un'immagine degli anni '50