martedì 30 gennaio 2018

I primi bagni

Una volta l'estate non arrivava così, di botto.
L'aria si riscaldava ogni giorno un po', in modo graduale, diventando sempre più tiepida, leggera, e profumata.
A Posillipo, il segnale dell'inizio dei bagni era rappresentato dalla fioritura del glicine.

Ai primi di marzo tutti cominciavamo a scalpitare; alcuni, inseguiti e minacciati dalle madri, indossavano già le magliette estive. 
Alla domenica e nei giorni di festa chi aveva la macchina si recava sulla spiaggia di Licola, perchè sapeva che la sabbia -sempre aborrita in condizioni normali- avrebbe favorito rapidamente l'abbronzatura da ostentare prima degli altri.
Si tornava a casa arrossati dal sole, con questa sabbia sottile, odiosa, appiccicata al costume e ai teli di spugna umidi.

Il richiamo del mare era irresistibile: faceva parte della nostra natura, della nostra vita.
Avevamo smesso di fare i bagni da pochi mesi, e non vedevamo l'ora di immergerci di nuovo.
Si tiravano fuori i costumi, si riparavano gli zoccoli di legno sostituendo i chiodi arrugginiti che fermavano la fascia di cuoio, e si era... pronti.

C'era chi aveva la fortuna di avere il mare sotto casa, e chi lo ammirava, vicinissimo, dai balconi e dalle finestre.
Esisteva una tacita gara a chi a inizio stagione aveva fatto più bagni. 
Nell'attesa dell'avvio ufficiale, si osservavano i preparativi dei marinai e dei pescatori, nostri insostituibili e inconsci maestri di vita, per la serena semplicità e per la filosofia spicciola che contraddistingueva le loro esistenze. 
Eravamo affascinati dal loro rispetto per il mare e per la natura.

Ai profumi della primavera, si sommavano quelli della vernice e dell'antivegetativa che veniva data ai canotti girati a pancia in giù sulle spiaggette e sugli imbarcatoi.
I pescatori riparavano le reti in riva al mare, godendo del tepore primaverile, e raccontavano di qualche pesca miracolosa che speravano di ripetere.

I ragazzi di Posillipo sfoggiavano un'abbronzatura dorata che li distingueva da quelli di città, rendendoli riconoscibilissimi.
Alla fine di aprile, i primi colpi di maglio assestati con grande maestrìa, decretavano che l'estate era finalmente in arrivo. Venivano montati i pali e le tavole ed era uno spettacolo veder crescere così rapidamente quelli che sarebbero stati lidi su palafitte.

Immagine da NapoliFlash24.it

Immagine da NapoliFlash24.it


martedì 16 gennaio 2018

Il Comandante

Achille Lauro, armatore, sindaco di Napoli, presidente della squadra di calcio, deputato, senatore, proprietario di una emittente televisiva, editore, fu tanto amato quanto discusso.
Figlio di Gioacchino, armatore di Sorrento e proprietario di due velieri, a tredici anni per punizione fu imbarcato dal padre in qualità di mozzo, avendo circuito la donna di servizio della famiglia.
Probabilmente fu allora che si innamorò del mare.
Tornato in casa, convinse pian piano il padre a comprare vecchie navi e a ripararle per metterle in condizione di trasportare le merci nel Mediterraneo.
Gli affari cominciarono a rendere bene, le rotte si allungarono sempre di più, i porti di carico e scarico divennero sempre più numerosi e lontani fra loro. Nel tempo la flotta raggiunse la considerevole cifra di 57 navi, e Achille Lauro, che per le sue spontanee esternazioni fu chiamato da Mussolini "Pittoresco uomo di mare", divenne il più forte armatore d'Europa, prima che comparissero i più famosi armatori greci.
Con una mossa a sorpresa permise ai dipendenti della sua flotta una compartecipazione alle sue attività e qui nacque il mito del comandante, con un grosso consenso di stampo populista.
Durante a guerra fu fatto prigioniero e internato a Padula. Una buona parte delle navi della sua flotta fu affondata durante i bombardamenti.
Dopo la liberazione gli inglesi gli restituirono le navi sequestrate e gli concessero la possibilità di acquistarne alcune Liberty.
LAuro si dette un gran daffare a riparare le navi affondate e la flotta, anche se decimata, ripartì, passando poi da mercantile a passeggeri.

Si dedicò anche alla politica, fondando il partito monarchico (Stella e Corona), il cui intento era quello di indire un referendum per fare ritornare il Re (e meno male che non ci riuscì!).
Si racconta che per la campagna elettorale abbia speso 500 milioni di lire di allora.
La leggenda narra anche della donazione di pacchi di pasta, di scarpe da riappaiare -una prima, l'altra dopo-aver avuto la certezza del voto.

Fu presidente del Calcio Napoli.
Acquistò Jeppson, centravanti svedese pagato la straordinaria cifra di 105 milioni, prezzo record per un trasferinento di allora,

Fu sindaco di Napoli dal 1951 al '58.

Gli si riconoscono la Fontana del Carciofo in Piazza Trieste e Trento, i sottopassaggi inizialmente eleganti e l'arredo urbano della piazza medesima, con i grandi vasi di azalea nei quali erano infisse delle gabbie con i pappagallini (anche se questo durò poco).
In una notte, con un blitz, fece estirpare tutti i lecci esistenti e successivamente cambiò volto alla Piazza Municipio, modernizzandola con fontane, aiuole e alberi pregiati.
Ogni mattina i giardinieri intervenivano sull'aiuola-datario, che era diventata un cult per le foto degli sposi, aggiornando numero e mese.

Achille Lauro fu in seguito deputato e poi senatore per il MSI.
Acquistò il giornale Roma e il palazzo di Vetro di fronte al porto, e diventò editore, facendo concorrenza al Mattino.
Successivamente si improvvisò, ma questa volta senza successo, produttore cinematografico.

Comperò la splendita villa Peirce a Posillipo e ne fece la sede dell'emittente televisiva Canale 21.
Possedeva un tre alberi meraviglioso, il Karama, ormeggiato a Mergellina, e in estate lo si vedeva solcare il golfo.
Durante il suo mandato, sostenuto da una pletora di costruttori, elargì licenze di costruzione che dettero inizio a una trasformazione edilizia che fu simbolicamente descritta da Francesco Rosi nel film "Le mani sulla città" e le cui irrimediabili conseguenze sono purtroppo fin troppo visibili, specie dal mare.
Discusso ancora oggi, questa sua vita così piena e avventurosa, si concluse nel 1982.