giovedì 19 gennaio 2017

La danza delle ore... e delle navi

Chi ha avuto la fortuna di essere ragazzo a Posillipo tra gli anni '55-'65, ricorderà come il ritmo della giornata nelle vacanze estive, venisse scandito da un rituale quotidiano. 
Si iniziava con i gozzi dei pescatori che rientravano subito dopo l'alba; poi era la volta dei canottieri che uscivano la mattina presto; poi spuntava la prima motobarca per i più mattinieri.
Attorno alle 10, il Lily, splendido cutter azzurro, lasciava l'ormeggio di Mergellina e faceva rotta verso Sorrento o Capri. 
Le barche a remi, i "canotti", come li chiamavano i marinai, affittati da Alfonso a San Pietro ai due Frati, o da Barbetta, da 'Zì Peppe, e da'Zì Rafele a Giuseppone e a Riva Fiorita, costeggiavano le ville, passando accanto agli stabilimenti sulle palafitte.
Alle 11 in punto il Karama, meraviglioso tre alberi di Achille Lauro, attraversava il golfo con destinazione Capo Miseno.
Nel frattempo altre motobarche trasportavano i bagnanti ai lidi prescelti.
Alle 12 il sole a picco illuminava il canotto di Michele, che ritornando verso il Sirena, remava in piedi con una gamba al di qua e una al di là del baglio centrale.
Era piccolino, con un fisico asciutto da ragazzo: soltanto le rughe gli facevano mostrare i suoi anni. 
Mentre remava, si guardava attorno, augurandosi che qualcuno lo trainasse; il che, per la verità, accadeva spesso.
C'era poi il costruttore Comola, col suo splendido Riva in mogano, che allora rappresentava un sogno per tutti.
Immediatamente dopo le 13 si alzava il Forano (in italiano "Foraneo") vento che soffia perpendicolarmente alla costa, ben noto ai velisti, preceduto da una refola lieve e velocissima, quasi un brivido sulla superficie del mare.
Durante la giornata più volte i vaporetti per le isole, incrociando, si erano salutati con le sirene.

Ne ricordo due: l'Abbazia -tozza e rumorosa- che nel raggiungere Capri lasciava un gran fumo, e la Principessa di Piemonte, dalla linea slanciata ed elegante, con il fumaiolo centrale (come i piroscafi che allora disegnavano i bambini), che faceva servizio su Procida e Ischia.
Ad interrompere questa tranquilla routine nel golfo pensavano le navi, le nostre belle navi da crociera che erano una gioia per gli occhi: ilSaturnia con il gemello Vulcania, lo splendido Andrea Doria, destinato nel 1956 ad una triste fine che addolorò tutti, laMichelangelo e la Raffaello.

Quando dalla terrazza sul mare ne vedevamo spuntare una dietro la punta di Posillipo, noi ragazzini della villa ci precipitavamo per i 190 scalini che ci separavano dalla spiaggetta e nuotavamo incontro alle onde lunghe prima che queste si smorzassero sugli scogli.
Alle 17 il comandante Lauro, in costume e canottiera, rientrava aMergellina pilotando il suo motoscafo.
I marinai raccontavano che dopo l'ultimo bagno a Miseno, ancora bagnato, indossava la maglietta e si faceva calare in mare il suo tender. Dopo una mezz'ora buona compariva anche il Karama.

Al tramonto, altro stile, altra classe. 
Una goletta azzurra, dalle linee perfette, col guidone azzurro e rosso svolazzante sull'albero maestro, solcava silenziossima il mare, passando lentamente sottocosta per essere ammirata. A bordo c'era sempre il proprietario, l'ingegner Guido Platanìa, dai capelli bianchi, minuto e distinto, elegantissimo in doppiopetto blu, con foulard nel collo della camicia, spesso in piedi nel pozzetto di poppa o seduto su una sedia da regista.

Attorno agli anni '60 cambiarono molte cose.
Sempre più persone possedevano una barca, un gozzetto, un gommone.
Ai simpaticissimi motori fuoribordo Seagull, lenti e sicuri, si affiancarono gli Evinrude, i pompatissimi Mercury -che partivano di scatto- e i Chrysler.
La plastica, facendo inorridire i "puristi", pian piano iniziò a sostituire il legno. 
Anche la forma delle barche cambiò.
Dall'America arrivarono i Boston Whaler, scafi piatti con grande prendisole, adatti più ai fiumi che al mare, senza la prua tradizionale alla quale eravamo abituati.
Anche i collegamenti con le isole subirono una trasformazione: ebbero successo gli aliscafi, che cominciarono a fare concorrenza ai vaporetti. 
I passeggeri -pur di fare prima- ammettevano di prendere un autobus del mare, rinunciando al piacere di sedere all'aperto e di godere del sole, del mare, del vento.
Fortunatamente però alcuni punti fermi rimasero.
A completamento del rituale quotidiano, alle 21 il postale per Palermo partiva dal porto con un cupo suono di sirena e dopo una mezz'ora si vedeva la sua poppa scomparire dietro Capri.
Alle 22 l'inconfondibile voce di Tullio Pane cantava :
"Che m'he purtato a ffa' 'ncoppo Pusilleco si nun me vuò cchiù bbene?".

E questa era l'ultima canzone che i Posillipini ascoltavano mentre la motobarca sonora della sera faceva ritorno al Molosiglio.


La nave "Saturnia" in navigazione - immagine da Internet

La "Vulcania" - Foto da Internet
Palazzo Donn'Anna, Mergelllina e Via Caracciolo viste da Posillipo - Foto da Internet