sabato 1 settembre 2018

Settembre

Per me, era il mese più bello, perchè ci riappropriavamo del "nostro" mare.
Le vacanze per i bagnanti che venivano dalla città erano terminate con la fine di agosto.
Già dal 20 in poi, man mano l'affluenza ai lidi scemava, gli ombrelloni sulle spiagge erano sempre di meno, un'unica motobarca faceva soltanto due corse.
Non si udivano più il vociare allegro dei bambinetti che giocavano con i secchielli, le formette, i salvagenti e i canottini.
I villeggianti lasciavano a malincuore le case e gli operai del cantiere avevano il loro daffare per mettere le imbarcazioni al riparo nelle grotte.
Con l'avvento di settembre tutti i padri tornavano al lavoro, e i bambini si preparavano al ritorno a scuola.
Non c'era più quel passaggio continuo di barche, motoscafi, vele.
Il silenzio che ne seguiva era rotto solo ogni tanto dal motore di un gozzo lontano.

La natura dava allora il meglio di sè. 
Il cielo diventava più azzurro, il mare si increspava luccicando, il verde della collina prendeva delle sfumature che facevano meglio risaltare i colori chiari delle ville seminascoste fra gli alberi.
L'aria era più limpida e luminosa, per cui si aveva l'impressione che qualcuno avesse passato una mano di vernice fresca sul golfo e sulla costa.

Allora, prima di trasferirci definitivamente anche in inverno a Posillipo, toccava anche a noi, con gran dolore, lasciare casa.
La scuola iniziava attorno alla fine di settembre, ma mia madre trascinava la nostra villeggiatura fino al quindici di ottobre dicendo (giustamente!) che altri 20 bagni non avrebbero inficiato i nostri studi, ma avrebbero fatto bene alla nostra salute.
Tornavo quindi a scuola ancora abbronzata, guardata con malcelata invidia dalle mie compagne, con grande disapprovazione delle suore del Nazareth, con rassegnazione dalle maestre.

Il nostro medico, il carissimo dottore Verde, amico di famiglia e gran brava persona, ogni estate suggeriva ai nostri genitori di propinarci un purgante, visto che avremmo dovuto affrontare un "cambiamento d'aria" (dalla città a Posillipo!) , e ci prescriveva anche un antitifico in pillole che si prendevano una al giorno per una settimana.
Il piacere di andare in villeggiatura ci faceva ubbidire, ma il problema si riproponeva con il successivo "cambiamento d'aria", quando dal mare dovevamo tornare in città. Ma allora si ragionava così! E questo medico, al quale ho voluto un gran bene, non poteva immaginare che adesso che si vola in giornata da un continente all'altro, la sua teoria era certamente eccessiva.

L'anno scolastico era diviso in tre trimestri.
Alla fine di ogni trimestre, c'era l'adunata.
Tutte in divisa blu, con i guanti bianchi, in piedi in una grande stanza -che in genere era il refettorio- (dove chi faceva il doposcuola mangiava ascoltando la vita dei santi, letta da una suora che sedeva su una sedia come quella degli arbitri del tennis), ricevevamo le pagelle.
Eravamo chiamate dalla Madre Superiora, una donna anziana, molle, sgradevole, bassa e bianchiccia.
Sembrava un bignè sfatto. Portava gli occhiali rotondi, senza montatura, aveva i denti piccoli e aguzzi come quelli dei pescecani, e i guanti di lana neri che le lasciavano i polpastrelli nudi per sfogliare il vangelo. (così diceva lei!).

Prima della consegna delle pagelle, c'era la premiazione delle alunne più meritevoli, le quali in genere erano sempre le stesse.
I premi consistevano in una fascia di gross-grain che veniva posizionata su una spalla e allacciata morbidamente in vita, un nastro azzurro (io dicevo come gli ufficiali di picchetto) rappresentava il premio di condotta, un nastro giallo indicava il premio di profitto, quello rosso era il premio di francese.
C'erano poi le note di biasimo, scritte con inchiostro nero su un cartellino grigio, e gli attestati di assiduità. 
A queste ultime due, io ero abbonata. 
Per le note di biasimo -correvo nei corridoi, parlavo nelle file, facevo ridere le compagne, dimenticavo i guanti bianchi, etc.- , per il premio di assiduità, tolti i primi giorni di scuola, non sono mai mancata una volta alle lezioni.
Durante l'anno scolastico tutte si ammalavano e si assentavano qualche giorno, e io le invidiavo, ma mia madre, così "ispirata" a fine stagione, non ammetteva che io facessi più assenze.
Ed ecco il premio di assiduità!

Un'unica volta ho ricevuto il nastro rosso di francese, ma siccome dopo l'adunata c'era la ricreazione, e vedevo queste mie compagne pluridecorate, immobili, senza osare muoversi, guardarci giocare a fulmine, a palla prigioniera, a campana, me la tolsi.
E cosa non successe quando a fine giornata un'altra suora venne a ritirare le fasce e io non sapevo che fine avesse fatto la mia!
Provvidenzialmente il nastro ricomparve, rinvenuto da una bidella sulla punta di un cancello del cortile e... non fui premiata mai più!

Posillipo dall'alto e piena di verde negli anni '50-'60 - dall'archivio di Gennaro Improta 

Vista di Posillipo da mare negli anni '60-'70 - dall' archivio di Gennaro Improta (che ringraziamo) 

Posillipo - dall'Archivio Gennaro Improta