"...Che intender non lo può chi non lo prova"
Scendevo lungo il viale per raggiungere la mia casarella sul mare e mi inebriavo del profumo del caprifoglio, dei gelsomini e della resina dei pini. Era il tramonto, e le minuscole trombette delle belle di notte si schiudevano man mano, colorando di viola acceso i margini dei tornanti. Le cicale si erano improvvisamente zittite, e fra poco sarebbe iniziato il delicato concerto dei grilli. Nel momentaneo silenzio un garrire frenetico di uccelli attraversò il cielo, e stormi provenienti da tutte le direzioni si riunirono e iniziarono il loro saluto al sole, dividendosi in due, tre, quattro scaglioni, per poi ricongiungersi volando insieme velocissimi e disegnando meravigliose, incredibili figure simili a onde in burrasca.
Mentre lontano dalla vista l'astro sempre più rosso, annegando lentamente nel mare, colotava ad ovest l'aria di arancione, la luna spuntava timida dietro la Montagna, per poi salire in alto e prendersi la scena. Mi sentivo una privilegiata, per poter assistere a tutta questa bellezza, e ancora ritengo di esserlo stata, sia per averlo potuto vivere, che nel poterlo oggi ricordare.
Quando c'era la luna piena, la scia luminosa brillava fin sotto alla terrazza, e a volte veniva momentaneamente spezzata per un attimo passaggio di un gozzo di pescatori.
Avevo una gattina nera -Kalì, si chiamava-, che nei giorni di plenilunio scompariva. Era piccola, misteriosa, magica. Sapevamo che trascorreva la notte sugli scogli, in adorazione della luna, e quando ritornava, all'alba, profumava di mare.
Uno stormo di uccelli danza sulla collina di Posillipo |