domenica 10 giugno 2018

Don Liborio, il cane e Nerone

Come tanti altri personaggi di questi miei piccoli ricordi, anche Don Liborio era un pescatore.
Scendeva dal Casale con il suo fido cane, e prendeva il pesce, non per venderlo ma per la sua sopravvivenza.
Il cane era per lui come un figlio: lo seguiva dappertutto, capiva tutto, non gli era mai d'intralcio.
Quando tornavano da mare prendevano l'ultimo sole sul muretto di Giuseppone, prima di affrontare la salita che li avrebbe portati a casa. 
Il cane gli si appoggiava addosso, e don Liborio, con garbo, gli diceva : "Togliti, ca me liéve 'o sole" , e immediatamente, a malincuore, questo si spostava e cambiava posizione.
Una volta ci fu una signora, che abitava a Giuseppone, che prima di ritirarsi aveva appoggiato a terra due grandi buste con la spesa della settimana, e si era soffermata a parlare con dei conoscenti.
La tentazione per il cane fu fatale!
Da questi contenitori, secondo lui abbandonati, venivano fuori odori di mortadella, salumi, formaggi, carne. 
Fu un attimo.
Tutte le provviste vennero fatte fuori. 
La signora, furibonda, cominciò a inveire.
Don Liborio, un po' mortificato, offrì il pesce che aveva pescato come risarcimento (di più non aveva).
Se ne sentì di tutti i colori, ma perse le staffe quando il suo cane fu insolentito e gli fu augurato il male.
E allora, preso coraggio, rispose alla signora : "Signò, si vuje tenisseve 'e cerevella 'e 'stu cane, stésseve all'università!" . 
E su questa frase, diventata da quel giorno storica a Giuseppone, la questione giocoforza si concluse.


C'era poi un altro cane, il cane di Stratuccio : si chiamava Nerone.
Era un cane nero, chiaramente. 
Non particolarmente bello, ma intelligente come tutti i cani "umanizzati" ,che vivono in una comunità dove se non sono amati sono tollerati, dove ognuno che passa fa loro una carezza o gli allunga un pezzetto di pane.
Questo Nerone aveva una grande personalità. 
Spadroneggiava sulla piazzetta di Giuseppone, abbaiava agli estranei, e aveva libero accesso alle cucine del ristorante.
Anche quando c'erano i clienti, Nerone saliva i cinque scalini che portavano alla sala, passava fra i tavoli e raggiungeva la cucina. C'era sempre qualche avanzo per lui.
Tutto questo durò vari anni, ma quando il ristornte fu dato in gestione spuntò un cartello : "Vietato l'ingresso ai cani".

Chiaramente, per quanto intelligente, Nerone non sapeva leggere, e Stratuccio, offeso, capì che quel monito era per lui e per il suo cane.

E allora, di notte, salì su una scala e scrisse alla fine del cartello: " 'A fore 'e Nirone!" .
foto di Riccardo Vosa


il Casale di Posillipo in un foto dell'Archivio Fotografico Parisio

Via d'accesso al Casale di Posillipo - foto da Internet

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