giovedì 8 dicembre 2016

Il Natale napoletano negli anni '50

Era sentito, il Natale.
Era una festa che riavvicinava le famiglie, che faceva superare i malintesi, che faceva chiarire le incomprensioni (semmai ce ne fossero state), e riavvicinava alla religione quelli che durante tutto l'anno si erano mostrati disinteressati o indifferenti.
Eravamo davvero tutti più buoni!
Era la festa dei bambini ma anche dei poveri, che sempre, ma ancora di più in questa circostanza, erano guardati da parte di tutti con occhi commiserevoli ed aiutati con generi alimentari e con indumenti pesanti a superare l'inverno.
Il consumismo era una parola ignota.
C'erano invece l'affetto, la partecipazione; c'era il coro della chiesa alla messa di mezzanotte, c'era il suono delle campane, lo scambio sincero di auguri con tutti.
Si inviavano biglietti benaugurali ad amici e conoscenti; si sceglievano i più adatti a ciascuno e si imbucavano per tempo, affinchè arrivassero prima del giorno di Natale, e ugualmente si aspettava di riceverne.

A Santa Brigida c'era il mercato del pesce. 
Tutta la strada era occupata da vasche ripiene di tutti i pesci del golfo che sarebbero serviti per il pranzo e il cenone, e che venivano decantati dai pescatori.
Era uno spettacolo. Anche le persone che non comperavano andavano a vedere.

I padri di una volta, che si dedicavano già da tempo alla costruzione del presepe, trafficavano alacremente la sera dopo il lavoro con sughero, cartoni, colla e stelline dorate, circondati dai piccoli di casa incuriositi.
I pastori e le pecorelle venivano posizionati dai bambini più grandi; la Madonna e San Giuseppe, con il bue e l'asinello, erano soli nella stalla, perchè Gesù non era ancora nato e sarebbe toccato al più piccolo della famiglia riporlo nella mangiatoia.
Anche i Magi arrivavano in un secondo momento, perchè erano ancora in viaggio.
Le parrocchie, a loro volta, allestivano il presepe, e le famiglie portavano i figli a visitarli e a decidere quale fosse il più bello.

Le strade odoravano di caldarroste che, vendute bollenti nei piccoli cuoppi dai tanti improvvisati fuochisti di fornacelle, venivano poi messe nelle tasche per riscaldare le mani.

Durante la novena si incontravano un po' dovunque gli zampognari. In genere erano pastori vestiti con giubbotti di pecora, che venivano dalle montagne di Avellino o dall'Abruzzo nelle feste di Natale, per arrotondare le loro entrate. 
Suonavano nelle strade, e quella nenia malinconica che producevano la zampogna e la ciaramella ricordavano che all'atmosfera di festa bisognava aggiungere il raccoglimento.
Li si invitava a salire nelle case e a suonare davanti al proprio presepe, in cambio di un'offerta e di un bicchiere di vino (e a fine giornata l'alcool aveva fatto il suo effetto!).

Si andavano a dare gli auguri, facendo visita ad amici e conoscenti e scambiandosi pungitopo e vischio. Questo vischio molto bello e decorativo che, dopo qualche giorno. lasciava cadere le sue palline appiccicose!
Era anche l'occasione di "disobbligarsi" con un medico, un avvocato, un qualcuno che ci aveva in qualche modo favorito. Come dimostrazione di gratitudine si inviavano bottiglie di vino o di liquore approfittando delle festività natalizie.

Le madri, nel tempo precedente il Natale, erano andate con i mariti a scegliere l'albero. Lo avevano fatto arrivare a casa, avevano tirato fuori gli scatoloni riposti un anno prima e ripieni di palline di vetro colorate, nastri, fili d'argento, candeline e s'erano date un gran da fare ad addobbarlo al meglio.
Era una tacita gara che si svolgeva nel palazzo e tra le amicizie :
-"Hai fatto l'albero?
- "Vuoi vedere l'albero?"

Il giorno di Natale a pranzo, puntualmente, sotto il piatto del padre che fingeva di scoprirle per caso, c'erano una o più letterine. 
Il figlio o i figli, su questi foglietti comperati in cartoleria e decorati con la Natività o con un angelo, una cometa e tanta polverina d'argento, avevano scritto i soliti buoni propositi che venivano riproposti ogni anno:
-"...Vi prometto che sarò più buono.... che studierò di più... e che vi darò tante soddisfazioni!"

In genere il padre leggeva queste lettere ad alta voce, e i figli arrossivano, e ancora di più arrossivano quando dovevano recitare la tradizionale poesia.

A Napoli nelle feste di Natale nessuno rimaneva solo. 
Se in un palazzo viveva una persona singola, veniva invitata a festeggiare "in famiglia" anche se ci si conosceva soltanto di vista. E anche i poveri avevano la loro tavola apparecchiata nelle parrocchie , e dopo la cena e la messa andavano via trionfanti, abbracciando il panettone ricevuto il regalo.
Nelle case si giocava a tombola o al mercante in fiera, imbrogliando per fare vincere i più piccini.
Poi c'era lo scambio dei doni in famiglia. 
Le pretese dei bambini erano minime: degli album da colorare, dei pastelli, qualche libro, i soldatini per i maschi, una bambolina per le femmine. Per quelli più grandi il meccano e l'arte del traforo, per le bambine un passeggino e le pentoline per la cucinella.

I grandi invece si scambiavano cose utili: sciarpette, pantofole, astucci per gli occhiali, cinture.

Esisteva poi un'altra consuetudine, che i più giovani stenteranno a credere: la befana del Vigile.
I vigili allora non erano considerati come oggi dei nemici, e i pochi  automobilisti di allora rispettavano il loro ruolo riconoscendone l'autorità. 
A loro volta questi si prestavano a dare informazioni, a vigilare sull'ordine pubblico, a farsi portavoce delle richieste per rendere la città più vivibile, e per questo ricevevano molti doni. 
Li ricordo con i cappotti neri, il casco, i guanti bianchi, il fischietto, in piedi su quei piedistalli che sembravano mezzi tini capovolti, circondati da torroni, panettoni, salumi, scatolame, bottiglie. 

In quei tempi andati che la memoria si ostina a ricordare e a riproporre esisteva innanzitutto la Famiglia, e mi stupisce pensare al declino rapidissimo che ha subito l'armonia che regnava allora, quando il poco che si aveva sembrava già superfluo, e ci si accontentava e si sorrideva alla vita.

Buon Natale a Tutti!



La Befana del Vigile - foto di Renato Minopoli



Il mercato del pesce a Santa Brigida (foto da internet)

Gli zampognari (Archivio Fotografico Parisio)


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